Rielaborazione della pittura ritrovata – Le radici della pittura di Giuseppe Rossi (Roma 1958) partono da lontano. Autodidatta, è dagli anni ‘70 che la sua ricerca espressivo-formativa passa attraverso le fasi tipiche e sperimentali dell’arte giovanile. E in questa forsennata ricerca merita particolare attenzione il livello di sintesi raggiunto nel disegno e nella pittura ad olio, ottenuto mediante studio, analisi e approfondimento del Post-Futurismo e del Post-Cubismo sintetico di derivazione italiana. Nelle opere di allora, nature morte, paesaggi e figure, la linea diventa forte e marcata, i piani si sovrappongono e, frazionati, scivolano su se stessi nel trionfo dei colori acidi e nell’esaltazione dei verdi tanto amati dal pittore. Lo formano le frequentazioni negli studi di artisti quali Pedro Cano, Pietro Del Greco e Mario Coppola ed infine un periodo presso l’accademia Lorenzo da Viterbo. Poi, dopo le ultime partecipazioni alle mostre del 1980-1983, Rossi abbandona la pittura e percorre strade, sempre di sensibilità artistica, che lo vedono interessarsi soprattutto all’antiquariato e al restauro. Inizia così un silenzio lunghissimo e una riflessione catartica nell’animo dell’uomo che si ripropone, come pittore, con un nuovo spirito e una grande maturità. Il campo della ricerca pittorica, rimane la natura, o meglio, l’albero! … Colpiscono le attente – a volte iperreali- indagini della sua pittura … Pennellate che scolpiscono cortecce, scavano nelle pieghe degli anni dei vecchi monumentali superstiti; frugano tra le antropomorfe presenze di una natura rivisitata dall’artista, che costruisce così un altro mondo, lontano dalla frenesia di ogni giorno. Rossi ci porta, captando il nostro sguardo, a volte distratto, a ripercorrere sentieri poetici abitati da grandi castagni e olivi. Alberi abbarbicati alla terra, alla vita … tesi e sofferenti come arti attaccati ad una croce … ricoperti di panni lignei. Tronchi carichi d’anni, intrisi di luce bianca, disegnati con cura … rughe, pieghe tessute come la tela pesante del tempo.
Ottobre 2020 – Le nuove opere del pittore Giuseppe Rossi, presentate alla mostra di palazzo Albani a Soriano, rivelano una nuova creatività. L’artista ha abbandonato la compatta forma spesso circoscritta dal nero, evidenziata e chiusa nel volume massificato, per aprirsi ad una nuova estensione oltre il limite marcato dalla linea. Tolta, per ora, la forma scultorea ricorrente , tendente al monocromo, con evidente predominio dei verdi acidi tipica e propria dello stile dell’artista, la visione si espande in tutta la superficie del quadro mediante nuova luce e un dinamismo cromatico ripetitivo e ossessivo. L’olio perde la patina della lavorazione certosina e si assottiglia il particolarismo iperreale… L’artista , dal buio degli anfratti e antri di cortecce e cavernosi tronchi, esce allo scoperto mediante un’osservazione che parte dal ricordo e arriva alla sintesi dell’ astrazione. Le fasce cromatiche, compatte e piane, sostituiscono ora incisioni e ferite naturali del tempo. Annosità superate per evidente bidimensionalità sintetizzata dagli accostamenti cromatici. Ottenuta con il ripetersi ravvicinato e quasi modulare delle fasce cromatiche . Sintesi e astrazione prendono il posto della visione reale attenta e l’albero rimane solo nel ricordo e nella luce mediterranea che ne esalta le astrazioni in superficie mediante l’uso di un cromatismo forte, di marca espressionista. Solo le forme generali rimangono fedeli alla ricerca originale di Giuseppe Rossi ed esaltano il soggetto per eccellenza: l’albero nella magia del suo mistero. Questo però si mostra alleggerito nel croma e nelle linee che rimangono in superficie, senza scavare tra l’humus e le cortecce…altra visione, altra natura! meno drammatica, che mantiene però una realizzazione sempre attenta e razionale. Le linee ripetitive e ossessive riportano in superficie una materia osservata e ricca di riferimenti culturali, sconquassano la forma compatta per una visione leggera parallela alla realtà, non tangibile nei particolari che sembrano sogno. Le pennellate si succedono con maggiore velocità e si allontana il lavoro manierato della patina, frutto di un’azione solo in apparenza più veloce. Sulla carta le forti stesure di colore sembrano impresse una accanto all’altra, indipendenti, lontane come i ricordi dell’oggetto studiato. L’organicità viene del tutto sostituita dall’astrazione cromatica nella elaborazione di un nuovo soggetto visivo. L’albero resiste, ma questa volta parte dall’interiorità dell’artista: l’oggetto è nella mente. Le linee della materia danno vita ad una forza sulla quale il colore definisce spazi e rafforza nuovi risultati estetici. Una ricerca attenta e razionale alla conquista di nuovi equilibri.
Gaetano Vari
Prof. di Storia dell’Arte